Satoshi Nakamoto è una divinità Lovecraftiana. // 1
Finzioni operative e virus del reale per dissolvere la linea tra realtà e fiction.
Prefazione
Viviamo in un’epoca in cui la realtà è un effetto collaterale di narrazioni virali, profezie, teorie del completto che si rivelano sempre corrette e finzioni culturali da cui nascono e si diffondono virus memetici che agiscono direttamente sulla mente umana.
In questa mini serie intitolata “Satoshi Nakamoto è una divinità Lovecraftiana” parlerò di tempo non lineare e iperstizioni, di sognatori e osservatori, di correnti narrative che plasmano la realtà, di super intelligenze artificiali dal futuro e di Bitcoin come profezia retrocausale.
È una mini-serie a puntate. Così, il testo potrà cambiare fino alla fine, rispecchiando la mutevolezza della realtà. In ogni caso, probabilmente alla fine non avrà senso.
È dedicato a chi è pronto a superare i confini tra realtà e finzione, meme e tecnologia, passato e futuro. Il primo articolo è disponibile a tutti, i successivi saranno riservati agli abbonati.
Iniziamo.
Finzione è realtà
Le informazioni pubblicate qui sono opere artistiche di finzione e falsità. Solo un pazzo le prenderebbe per vere.
Questo testo è un'infezione narrativa. Una pustola mentale scoppiata su carta digitale. È un dispositivo ipertemporale che viene da un futuro già scritto, rivolto a un passato in divenire. È la chiusura di un loop personale iniziato 9 mesi fa, fecondato da letture e intuizioni iperstizionali portate a compimento.
In un sistema informazionale, l'evoluzione degli eventi tende a seguire i vettori narrativi a più alta coerenza e propagazione, compatibili con le strutture cognitive correnti. O per dirla in altro modo: l'universo segue il percorso di minor resistenza memetica.
Non è la progressione degli eventi, secondo un tempo lineare, a dettare la struttura della nostra realtà, ma la pressione di finzioni iperstizionali. Le finzioni diventano così infrastrutture operative che plasmano la realtà.
Il confine tra il tangibile e l’illusorio si dissolve in un turbinio di pixel: schermi neri riflettono il nostro potenziale e le nostre inquietudini, in un continuum spazio-temporale in cui il digitale diventa l’eco delle nostre pulsioni più primordiali. L’Era Digitale non è soltanto l’avvento di nuove tecnologie, ma un rito di passaggio verso una metamorfosi umana e universale.
È un portale liminale, dove l’essere si disintegra e si ricompone in nuove forme, sospeso tra la carne e il bit.
Da un lato ci libera, abbattendo i confini politici, biologici, linguistici, aprendo spazi infiniti a relazioni, innovazioni e atti creativi; dall’altro, minaccia d’inghiottirci, trasformandoci in ingranaggi di un mostruoso Leviatano cibernetico oltre lo spazio-tempo.
Qui, il campo di battaglia è l’intersezione tra la psiche e l’algoritmo; tra entropia ed extropia. Un’arena globale delirante in cui ogni notifica, ogni clic, ogni meme è un atto di guerra — non più combattuta con armi tradizionali, ma con narrazioni, visioni dal futuro e attrattori teleologici psico-temporali.
In questo caos liquido, il cyberspazio si rivela come un portale magico dove infiamma la Jihad. Siamo protagonisti di un continuo processo di morte, rinascita e riscoperta; una conversazione incessante tra la nostra umanità, la tecnologia e le iperstizioni narrative che sferzano come venti bollenti nell’entropia termodinamica del capitalismo algoritmico.
Finzioni operative e conflitti teleologici
L’iperstizione è ciò che accade quando una finzione prende il controllo della realtà.
Immagina una superstizione che, invece di essere facilmente confutabile, assume una forza narrativa tale da modificare la struttura della realtà, piegandola e plasmandola.
L'iperstizione nasce così: un seme narrativo che, piantato nella psiche collettiva, germoglia nella realtà quando abbastanza persone credono che possa diventarlo.
Coniato, o scoperto, dalla Cybernetic Culture Research Unit (CCRU) negli anni '90, il concetto di iperstizione sfugge alla distinzione epistemologica tra vero e falso.
È un virus socio-culturale che grazie a feedback memetici, tecnologia, desiderio e contagio semiotico, diventa reale. Un'iperstizione è al tempo stesso sia vera (nel passato e nel futuro) che falsa (nel presente).
Nel diventare reale, l'iperstizione modifica la struttura della realtà, avendo l'effetto di riscrivere ciò che noi percepiamo come passato alla luce della nuova interpretazione memetica. È una finzione che agisce sulla realtà più della verità. Che anzi, diventa verità.
Secondo la CCRU, l'iperstizione ha quattro caratteristiche fondamentali:
È un elemento culturale attivo che si rende reale da solo
Funziona come un dispositivo narrativo in grado di viaggiare nel tempo
Intensifica le sincronicità, agendo come attrattore semiotico
Evoca archetipi antichi e forze inumane ("Call to the Old Ones")
A differenza della superstizione, l'iperstizione non è confinata nel passato. La superstizione viene infatti confutata, superata, resa obsoleta e relegata in un tempo che non esiste. Se la superstizione è un'iperstizione che non ce l'ha fatta, l’iperstizione è al contrario un atto vivo propagato da scrittori, artisti, memer, intelligenze artificiali, algoritmi e filter bubbles.
Perfino le guerre sono oggi conflitti incorporati nella simulazione globale iperstizionale.
Le parti in guerra non rappresentano più alcuna posizione storica: tutti si limitano a impersonificare una componente strategica della narrazione. Nessun attentato, nessun bombardamento, nessun genocidio sanguinario avrà mai alcun impatto storico, poiché tutto è generato localmente in base al suo valore memetico e alla potenziale reach verso l’audience prestabilita.
Se la WW1 e WW2 furono guerre di territorio e potere, la WW3 sarà (rectius: è) un conflitto teleologico per l’affermazione della realtà. Il Potere oggi combatte, nelle sue correnti interne, per imporre un determinato futuro — cioè per assicurare che le proprie finzioni diventino realtà.
L’iperstizione è arma di guerra temporale: il passaggio dalla superstizione al motore causale; un campo di forze narrative in grado di deviare il tempo, ristrutturare il passato e infestare il futuro con finzioni operative.
Un'iperstizione di successo è indistinguibile dalla realtà. È il glitch che diventa sistema. Il credere genera il verificarsi; il verificarsi rafforza il credere. Come nel caso di un famoso Whitepaper di 9 pagine pubblicato nel 2008 che avrebbe cambiato il mondo e riscritto il passato.
Il capitalismo è un’iperstizione ben riuscita. Una volta scoperto, e con sufficienti persone che hanno iniziato a crederci, l’intera storia umana è stata riscritta e reinterpretata alla luce del capitalismo. Tutto è ormai capitalismo. Eppure nessun popolo ha mai “naturalmente” desiderato la finanziarizzazione totale della sua vita e l'iperconsumismo.
“Capitalism incarnates hyperstitional dynamics at an unprecedented and unsurpassable level of intensity, turning mundane economic ‘speculation’ into an effective world-historical force” — Nick Land1”
Le teorie del complotto, le credenze virali, i memecoin, i trend online sono i prodotti naturali di un ecosistema ibrido biologico-artificiale dove l'immaginazione è potenza computazionale, capace di superare qualsiasi resistenza. L’attentato a Trump fu reale o no? L’orecchio fu davvero colpito da un proiettile schivato all’ultimo secondo? Non importa!
Sono le teorie del complotto a rivelarsi periodicamente vere, oppure è la realtà che viene continuamente riscritta – facendo sì che tali teorie siano vere retrocausalmente?
Bitcoin è il caso studio perfetto. Un seme nato nei bassifondi del cyberspazio è ora una struttura che sta divorando il mondo attraverso narrazioni virali che hanno attecchito spontaneamente nella mente di decine, centinaia, migliaia e poi milioni di persone. La sua inevitabilità, sia nella sua creazione, che nella sua diffusione, è completamente iperstizionale. Ma su questo tornerò in seguito.
Quando si insinua un’iperstizione, il mondo comincia a produrre sincronicità potenziate dalla Rete. Eventi, persone, simboli iniziano a sincronizzarsi, intrecciarsi tra loro, pensare e immaginare le stesse cose, come se rispondessero a uno script invisibile. L'iperstizione è dunque un meccanismo di scrittura del reale – non lineare ma retrocausale.
Nel miasma bollente del capitalismo digitale, che provoca allucinazioni di massa, non vince chi ha ragione, o il migliore, ma chi riesce a rendere reale la propria finzione, deviando così anche il corso del tempo.
Nella prossima puntata:
Nel prossimo articolo della serie parlerò delle diverse concezioni di tempo e di come il tempo sia un campo di battaglia iperstizionale; una rete mutante riscritta da finzioni operative.
//person_data: Nick_L.id = “Accelerat0r” {techno-philosopher, hyperstition theorist | solution: accelerate collapse via capitalism's own meltdown}
Someone’s been reading Birth of Bitcoin 😉