Se sei tassabile... you're doing it wrong
Un pensiero sulla nuova tassa sulle plusvalenze per Bitcoin e criptovalute.
L’Italia in questi giorni fa parlare di sé in tutto il mondo, a causa delle recenti dichiarazioni del viceministro all'Economia Maurizio Leo, che raccontando la manovra di bilancio ha indicanto un netto e imprevisto aumento della tassa sulle plusvalenze per Bitcoin e i “crypto-asset”. Questa passerà dal 26% al 42% nel caso in cui le plusvalenze superino la soglia di 2.000 euro nel corso del periodo d’imposta.
La nuova tassazione scatterà dal 2025 e renderà così l’Italia uno dei luoghi meno indicati in cui investire in cryptovalute.
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Sul tema spiccano alcuni commenti rilevanti, anche se dal tono scherzoso, come quello di Paolo Ardoino, CEO di Tether, intervistato anche da La Stampa sul tema. Secondo lui l’aumento vertiginoso della tassazione porterà a un ulteriore impoverimento del Paese, con migrazione di cervelli (imprese) e capitali. Sulla stessa linea anche l’amico
, secondo cui a fronte di gettito potenziale assolutamente risibile, il governo ha inventato “una tassa cenciosa, che farà incazzare una marea di gente che vota a destra e che poteva venire fuori solo da una Repubblica di treccartari incalliti”.In ogni caso, in poche ore il crypto-twitter (o crypto-x) s’è infiammato con opinioni poco carine sull’attuale governo in carica. Alcuni discutono della possibile incostituzionalità della nuova imposizione; altri immaginano curiose e ingenue petizioni per impedire al governo di aumentare le tasse (amici… eddai); alcuni si limitano a dichiarare che espatrieranno, a chiedersi “perché?” o rassegnati insulti.
Così, ho deciso di esprimere anch’io un pensiero.
Prima di tutto, che un governo tassi i propri cittadini è cosa scontata. Non dovrebbe neanche stupire che il governo di un Paese “fondato sul lavoro” (tassato a dismisura), possa scegliere di non riservare un trattamento preferenziale a coloro che decidono di speculare con strumenti finanziari esotici piuttosto che lavorare in miniera.
Il ciclo narrativo cypherpunk si è chiuso
Invero, interpreto la nuova imposizione fiscale come una notizia che conferma i miei pensieri sull’evoluzione di Bitcoin.
Per quanto mi riguarda, il ciclo narrativo di Bitcoin ha ormai piegato verso una direzione ben precisa. Sono passati i tempi in cui era la criptovaluta dei cypherpunk, degli hacker incappucciati e dei nerd disagiati. Bitcoin oggi è la criptovaluta di riferimento del Capitalismo finanziario; dei consulenti bancari in giacca e cravatta; dei giornalisti esperti di mercati e degli imprenditori miliardari e dei Presidenti con manie di grandezza.
Certo, Bitcoin è anche la criptovaluta di riferimento per una piccola parte di persone che, nella speranza di accodarsi ai primi, cercano uno strumento d’investimento e speculazione innovativo ad alto rischio ed elevato ROI. Quest’ultimi chiaramente non hanno alcun ruolo nella narrazione globale, che invece è diretta ad opera d’arte da coloro che riescono a trasformare il proprio Capitale in potere, che proprio attraverso la finanza (strumento di comunicazione algoritmica di massa) plasma la realtà.
Come scrivevo in “Solarpunk e Lunarpunk: il dualismo del Web3”, Bitcoin oggi ha assunto chiare caratteristiche “solari”, cioè improntate alla trasparenza, al bene pubblico (adozione di massa, fix the world, eccetera), all’imprenditoria, e in generale alla costruzione di impalcature finanziarie che possano in qualche modo agevolare tutta la nuova economia che gira intorno alla criptovalute — a partire dagli ETF e dal tentativo di “tokenizzare” il mondo intero.
In questo contesto, non c’è più spazio per una narrazione “lunare”, cioè legata a movimenti cripto-anarchici, cypherpunk, agoristici. Il sottobosco che cresce rigoglioso grazie al caos e all’oscurità derivanti dall’uso di crittografia e di tecnologie che garantiscono l’anonimato non è terreno fertile per la versione moderna di Bitcoin.
Non può esistere una criptovaluta che sia per le masse, per le imprese, per i governi e per gli ETF e che sia al tempo stesso anche per i criminali, i reietti, gli anarchici e i moderni cypherpunk.
Che il governo italiano abbia scelto di tassare, e non ignorare o vietare, Bitcoin, è segno dei tempi che cambiano. È un’accettazione implicita della sua “nuova” natura. Forse anche segno di un ingenuo ottimismo e appoggio alla narrazione del “number go up” e sulla prossima bull run di Bitcoin. Tutto ciò che ha valore viene tassato; tutto ciò che viene tassato ha un certo valore intrinseco. Quello di Bitcoin, è legato indissolubilmente ai mercati finanziari e alla sua natura speculativa.
Che fare?
Arriviamo ora al secondo punto di riflessione. Con questa nuova aliquota, il governo italiano sta in realtà facendo un favore ai pochi che sapranno riflettere con la dovuta capacità d’introspezione e canalizzare la rabbia che provano in questo momento. Proprio in questi giorni un lettore mi ha chiesto: “sì ok, ma la domanda è sempre la stessa: che fare”?
Si può scegliere di seguire gli schemi, gli idoli e le narrazioni di coloro che controllano ormai tutto, sperando di diventare “ricchi” coi mercati e non finire in prigione pagando le dovute tasse, oppure si può scegliere di uscire del tutto dal gioco.
Qualcuno sceglierà di continuare a convertire i propri risparmi in Bitcoin o altre criptovalute, senza mai ri-convertirli in euro (e quindi senza alcuna plusvalenza) — i cosiddetti “holders”.
Altri sceglieranno di fuggire in paesi meno oppressivi. Altri ancora decideranno magari di esplorare l’idea di separarsi completamente dal sistema, utilizzando le criptovalute per ciò che originariamente furono pensate: lo scambio di valore nell’Era Digitale.
Con questo non voglio dire che sia sbagliato fare trading o speculare sui mercati, va benissimo. Voglio però soffermarmi a riflettere su questi due punti: la natura attuale di Bitcoin e il modo in cui Bitcoin verrà sempre più usato nel mondo, e il fatto che c’è un’altra opzione. Speculare sul mercato cripto per guadagnare più euro non è l’unico modo in cui approfittare di queste nuove tecnologie, né a mio avviso il migliore (salvo essere molto bravi nella speculazione).
Il Regno della Cripto-Anarchia è dentro di te, devi solo trovarlo, direbbe qualcuno. Però non c’è una soluzione per tutti. Ognuno dovrà trovare la propria.
Esattamente, Bitcoin non è nato per essere un mezzo speculativo, ma di difesa del valore nel tempo.
L'ennesima conferma, se mai ce ne fosse bisogno, che non hanno capito niente.