Neuralink e il Marchio della Bestia
L'integrazione uomo-macchina tra dannazione e trascendenza; tra hacking cerebrale e paranoia; tra utopia e distopia.
Era gennaio 2024 quando Noland, paralizzato dalle spalle in giù dopo un incidente in piscina, ricevette il primo impianto cerebrale della storia. Prima, interagiva con il mondo tramite un pennino in bocca; ora controlla il cursore con il pensiero.
Alex oggi usa la mente per progettare in 3D e controllare dispositivi, mentre Brad, affetto da SLA, è tornato a comunicare e vivere momenti familiari. Un giorno potrebbe perfino tornare a viaggiare, grazie ad alcuni nuovi dispositivi di assistenza robotica (Assistive Robotic Arm).
Noland, Alex e Brad sono pazienti di Neuralink, e tutti e tre hanno partecipato nel 2024 alle prime sperimentazioni del Link, l’interfaccia cervello-computer impiantabile che consente ai pazienti con paralisi di controllare dispositivi digitali col pensiero. Recenti report dichiarano che insieme hanno accumulato quasi 5.000 ore di utilizzo.
Nonostante l’indubbio miglioramento della qualità della vita, i tre rimangono però completamente paralizzati. Se fossero dei robot, qualcuno potrebbe facilmente sostituire i pezzi danneggiati, riavviare il software e ripristinare tutte le funzionalità di movimento. Ma non sono dei robot.
La promessa di Neuralink e delle aziende attive nel settore delle neurotecnologie va però ben oltre il semplice controllo dei dispositivi digitali. Il prossimo obiettivo è sfruttare neuroprotesi e robotica assistiva per consentire a persone come Noland, Alex e Brad di tornare a camminare, parlare e muoversi come un tempo. O addirittura meglio.
Se già questo sembra straordinario, combinato con l’intelligenza artificiale il potenziale diventa esplosivo. Meta ha annunciato che la sua IA è riuscita a decodificare l’80% dei dati cerebrali dei soggetti sottoposti a sperimentazioni per la lettura del pensiero. La conquista dei processi cerebrali è a portata di mano.
Siamo sull’orlo di una rivoluzione transumana, ma non tutti ne sono felici.
Accesso diretto al cervello
I motivi sono diversi: privacy e cybersicurezza sono fattori che destano serie preoccupazioni. I dati cerebrali sono l’ultima frontiera della digitalizzazione dell’esperienza umana; una miniera d’oro per chiunque: governi, intelligence, forze dell’ordine, grandi corporazioni e capitalisti della sorveglianza in generale. Non è un caso che sia proprio Meta, proprietaria di Facebook e Instagram, ad essere in prima linea nella ricerca.
E se la privacy mentale rischia di essere un gran bel problema, la cybersicurezza di questi impianti può diventare un vero e proprio incubo.
Le interfacce cervello-computer sono un ponte tra la mente umana e regno digitale. Nello stesso modo in cui è possibile comunicare con computer e arti robotici grazie alla BCI, è anche possibile l’opposto, ad esempio per effettuare misurazioni o monitorare le performance dell’impianto.
Lo stesso vale anche per altri impianti digitali, come pacemaker o defibrillatori interni di ultima generazioni, dotati di funzionalità di monitoraggio e programmazione a distanza. In molti casi, il personale medico già oggi usa tablet o computer per collegarsi da remoto a queste apparecchiature e apportare modifiche alla configurazione del dispositivo senza un intervento chirurgico.
Lo stesso, quindi, vale per gli impianti cerebrali. Ma se gli impianti cardiaci non sembrano molto appetibili per cybercriminali e malintenzionati, la possibilità di accedere al cervello di una persona, ai suoi pensieri e anche alle sue funzioni corporee offre tutt’altre macabre prospettive.
In un futuro non troppo lontano potremmo quindi immaginare l’esistenza di hack, malware e spyware progettati appositamente per attaccare le BCI. Unitamente all’intelligenza artificiale, sarebbe possibile leggere nella mente altrui da remoto, innestare idee, pensieri e paure, o addirittura prendere il controllo delle funzioni corporee — trasformando la vittima in un burattino.
Controllo del pensiero — realtà o finzione?
Controllo totale del pensiero e del corpo altrui? Uno scenario che potrebbe sembrare inverosibile, se non fosse che proprio mentre scrivo questo articolo è accaduto un inquietante evento che suggerisce il contrario.
Nelle prime ore del 17 febbraio 2025, una persona identificata come Hu Lezhi ha effettuato alcune transazioni Ethereum per un valore superiore ai due milioni di dollari. Queste transazioni contengono messaggi testuali in lingua cinese, tradotti in inglese da alcuni utenti, che fanno riferimento a un presunto utilizzo di “brain-machine weapons” e a “brain-controlled organizations”.
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