Le dottrine del Cyberspazio
Come per lo spazio fisico, anche la realtà fenomenica del cyberspazio ha dato vita a numerose idee che nel corso del tempo hanno concorso a plasmare le opinioni di coloro che lo abitano.
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Come per lo spazio fisico, anche la realtà fenomenica del cyberspazio ha dato vita a numerose idee che nel corso del tempo hanno concorso a plasmare le opinioni di coloro che lo abitano in modo consapevole. Trovo utile conoscerle, così da comprendere meglio questa nuova dimensione.
Il cyberspazio è un concetto ampio, che si riferisce all'ambiente virtuale creato dalle reti di computer interconnesse a livello globale. È lo spazio non-fisico in cui oggi avvengono la maggior parte delle comunicazioni, transazioni economiche, scambi di informazioni e interazioni sociali.
Potremmo in realtà sostenere che oggi il cyberspazio sia un aspetto fenomenico della realtà che addirittura precede quello fisico. La maggior parte delle idee vengono infatti ormai sviluppate nel primo, e poi riversate nel secondo. Non è raro inoltre trovare tecnologie native digitali, che però poi dispiegano i loro effetti nello spazio-fisico.
Le principali idee e teorie che caratterizzano il cyberspazio sono:
La Dichiarazione d’Indipendenza del Cyberspazio
L’ipotesi dei Network States
Il movimento Cypherpunk
La dottrina Crypto-Anarchica
Il paradigma del Digital Sovereign Individual
La teoria della Post-Privacy
Il principio della Net Neutrality
Conoscerle è importante per comprendere lo sviluppo socio-politico del cyberspazio degli ultimi 30 anni e per anticipare nuovi fenomeni che potrebbero dispiegarsi proprio all’interno di questo, cogliendone così tutte le opportunità.
La Dichiarazione d’Indipendenza del Cyberspazio
La Dichiarazione d'Indipendenza del Cyberspazio è un documento scritto da John Perry Barlow, co-fondatore della Electronic Frontier Foundation (EFF), e pubblicato nel 1996.
Il testo fu scritto in risposta al Communications Decency Act del 1996, una legge statunitense che cercava di regolamentare e censurare i contenuti su Internet.
Governments of the Industrial World, you weary giants of flesh and steel, I come from Cyberspace, the new home of Mind. On behalf of the future, I ask you of the past to leave us alone. You are not welcome among us. You have no sovereignty where we gather.
L'obiettivo principale della Dichiarazione è affermare l'autonomia di Internet e dichiarare l'indipendenza del cyberspazio dalle leggi e dai regolamenti dei governi nazionali. Barlow sostiene infatti che il cyberspazio è una nuova frontiera, diversa dal mondo fisico, e che i governi non hanno diritto di giurisdizione su di esso. La Dichiarazione fu pubblicata durante l’annuale ritrovo di Davos del World Economic Forum, di cui Barlow era membro.
Un tema centrale è la difesa della libertà di espressione su Internet. Barlow dichiara che il cyberspazio è un ambiente in cui le idee possono essere scambiate liberamente, senza censura o controllo da parte dei governi. Tuttavia, Barlow parla anche del raggiungimento di una sorta di “bene comune” attraverso una governance cibernetica condivisa fondata sulla Golden Rule: non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te.
A mio avviso, la regola può facilmente diventare tautologica e causare molti danni, arrivando a giustificare il controllo e la censura che Barlow dichiara invece di voler combattere. D’altronde, chi non vorrebbe combattere pedofilia, terrorismo e criminalità in generale?
We are forming our own Social Contract. This governance will arise according to the conditions of our world, not yours. Our world is different.
Possiamo dire che, nonostante la buona volontà, Barlow non solo finisce per avvicinare ontologicamente il cyberspazio e lo spazio fisico, ma anzi attraverso la Golden Rule rischia di riproporre gli stessi identici schemi liberali che caratterizzano la società post-illuminista, come quello di “Contratto Sociale”, che hanno portato alla iper-regolamentazione e standardizzazione di ogni aspetto umano.
Il nuovo paradigma dei Network States
La dottrina del Network State, molto recente e decisamente più pragmatica della Dichiarazione d’Indipendenza, propone una nuova forma di organizzazione politica e sociale basata sulle tecnologie digitali e sulle reti di comunicazione globali. Questo concetto è stato sviluppato e promosso da Balaji Srinivasan nell’omonimo saggio.
A network state is a social network with a moral innovation, a sense of national consciousness, a recognized founder, a capacity for collective action, an in-person level of civility, an integrated cryptocurrency, a consensual government limited by a social smart contract, an archipelago of crowdfunded physical territories, a virtual capital, and an on-chain census that proves a large enough population, income, and real-estate footprint to attain a measure of diplomatic recognition..
Secondo lui un Network State è quindi una sorta di social network, che però riesce a canalizzare una coscienza quasi nazionalistica e quindi un’intenzionalità condivisa che porta i suoi membri ad agire proprio come se fossero parte di una comunit di individui. Un Network State può essere fondato, proprio come le antiche comunità, anche da un piccolo gruppo di individui con interessi condivisi (ad esempio partendo da un gruppo Telegram).
Poiché i Network States non sono legati a un territorio specifico, i loro cittadini possono essere sparsi in tutto il mondo. Questo consente di slegare l’appartenenza al Network States da concetti obsoleti come nazionalità o residenza fisica, collegandola piuttosto alla partecipazione e all'impegno attivo nella comunità digitale.
Il Network State, rispetto ad altre dottrine, non si pone in antagonismo rispetto agli stati-nazione che occupano lo spazio fisico, ma anzi ha lo scopo di ricevere un riconoscimento diplomatico da parte dei primi.
Secondo Srinivasan il riconoscimento diplomatico diventerebbe inevitabile una volta che i membri della comunità riuscissero ad acquisire sufficienti risorse fisiche, come patrimoni, terreni e immobili in giro per il mondo, così da ottenere un sufficiente peso specifico politico, seppur distribuito.
Una teoria interessante, che non escludo possa trovare trazione nel prossimo futuro, una volta superato il torpore delle menti che caratterizza la fine dell’Era Industriale.
Il movimento Cypherpunk
Il movimento Cypherpunk si pone a metà strada, tra l’alta ideologia della Dichiarazione d’Indipendenza e l’assoluta pragmaticità dei Network State. Il movimento, divenuto nel corso degli anni una vera e propria ideologia, nacque con un gruppo di attivisti e teorici che tra gli anni ‘80 e ‘90 studiavano e promuovevano l'uso della crittografia e delle nuove tecnologie di privacy per proteggere la riservatezza e libertà delle persone, e raggiungere cambiamenti sociali e politici.
L’ideologia dietro al movimento Cypherpunk venne ben espressa da Eric Hughes, uno dei co-fondatori, nel Manifesto Cypherpunk del 1992.
We cannot expect governments, corporations, or other large, faceless organizations to grant us privacy out of their beneficence. It is to their advantage to speak of us, and we should expect that they will speak. […]
We the Cypherpunks are dedicated to building anonymous systems. We are defending our privacy with cryptography, with anonymous mail forwarding systems, with digital signatures, and with electronic money. […]
Cypherpunks write code. We know that someone has to write software to defend privacy, and we're going to write it.
Come descritto anche dal Manifesto, i Cypherpunk erano prima di tutto dei costruttori di tecnologia digitale per la protezione della privacy. I Cypherpunk sapevano bene che con l’inizio dell’Era Digitale ci sarebbe stato bisogno di creare strumenti in grado di proteggere la privacy delle persone e quindi la loro libertà nel cyberspazio e nello spazio fisico.
Il movimento ebbe infatti conseguenze molto concrete nello sviluppo di numerose tecnologie che oggi chiamiamo “privacy enhancing technologies”, cioè soluzioni di design software che anche grazie alla crittografia consentono di potenziare la privacy degli utenti, fino ad arrivare anche all’anonimato.
Un caso paradigmatico fu quello di Phil Zimmerman, che nel 1991 sviluppò e pubblicò il protocollo PGP (Pretty Good Privacy), ancora usato oggi. Un altro esempio è quello di Bitcoin, il cui protocollo fonda le radici in 30 anni di ricerca proprio nei campi delle privacy enhancing technologies e delle monete elettroniche.
Se vuoi approfondire la storia dei Cypherpunk, ne ho parlato in dettaglio qui:
La dottrina Crypto-Anarchica
La crypto anarchia è un'ideologia che unisce i principi tipici del movimento Cypherpunk a quelli dell’anarchia, intesa in senso libertario: nessuna autorità, nessun governo centrale e autogoverno delle parti interessate). L’idea fu presentata nel 1988 da Tim May, altro co-fondatore del movimento Cypherpunk, nel Manifesto Crypto Anarchico e poi ulteriormente approfondita attraverso una serie di saggi successivi.
Computer technology is on the verge of providing the ability for individuals and groups to communicate and interact with each other in a totally anonymous manner. Two persons may exchange messages, conduct business, and negotiate electronic contracts without ever knowing the True Name, or legal identity, of the other. Interactions over networks will be untraceable, via extensive re-routing of encrypted packets and tamper-proof boxes which implement cryptographic protocols with nearly perfect assurance against any tampering.
Secondo Tim May la natura del cyberspazio e la proliferazione di privacy enhancing technologies consentiranno alle persone di interagire tra loro in modo anonimo e sicuro, al riparo da qualsiasi ingerenza da parte delle autorità precostituite dello spazio fisico.
Tim May si spinge oltre, immaginando la nascita di vere e proprie comunità virtuali cripto-anarchiche che grazie alla crittografia e altre tecnologie risulterebbero completamente opache e inaccessibili dall’esterno e da chiunque non ne faccia parte.
Delle comunità Crypto Anarchiche ne ho parlato qui:
La Crypto Anarchia è una teoria che potremmo quasi definire, con termini prestati da giochi di ruolo, caotica-neutrale:
Crypto anarchy will allow national secrets to be trade freely and will allow illicit and stolen materials to be traded. An anonymous computerized market will even make possible abhorrent markets for assassinations and extortion. Various criminal and foreign elements will be active users of CryptoNet. But this will not halt the spread of crypto anarchy.
La Crypto Anarchia è per tutti: anche per criminali, terroristi, pedofili e assassini. Nella Crypto Anarchia scompare qualsiasi riferimento alla “Golden Rule”, al bene comune e al contratto sociale della Dichiarazione D’Indipendenza del Cyberspazio. Rimane soltanto una pura e radicale libertà di agire senza interferenze.
Il paradigma del Digital Sovereign Individual
Il paradigma del Digital Sovereign Individual si basa sull'idea che, grazie alle tecnologie digitali e alla globalizzazione, gli individui possano raggiungere una forma di sovranità personale senza precedenti.
Il paradigma si avvicina alla Crypto Anarchia, seppur meno focalizzato sull’aspetto politico e sociale della rivoluzione dell’Era Digitale, e molto più invece sul potenziale prometeico della tecnologia digitale. La teoria è esplorata nel libro "The Sovereign Individual: Mastering the Transition to the Information Age" scritto da James Dale Davidson e William Rees-Mogg nel 1997.
In the new millennium, knowledge and information will become the most important source of power and wealth, overshadowing traditional resources like land and capital.
Secondo Davidson e Rees-Mogg, il cyberspazio e le tecnologie digitali permetteranno agli individui più capaci e più consapevoli (cioè i lettori di Privacy Chronicles) di diventare “sovrani” di se stessi.
La decentralizzazione tecnologica e l’avvento delle criptovalute in particolare permetterà a questi individui di poter operare commercialmente a livello globale e di non essere legati ad alcun territorio nazionale, potendo così scegliere le giurisdizioni di volta in volta più favorevoli anche a livello fiscale.
Secondo questa teoria, fondata anche sull’osservazione storica dei fenomeni “megapolitici” che da sempre caratterizzano l’evoluzione umana, la tecnologia digitale porterà gli stati nazione a perdere gradualmente tutto il loro potere, incentivando così la diffusione di questi nuovi individui sovrani, tra cui i migliori potranno arrivare ad avere estrema libertà d’azione e il potere economico di piccoli stati nazione (prima o poi nascerà una one-man billion dollar company grazie all’IA).
As the logic of violence changes, the institutions that have historically relied on force for their existence, including the nation-state, will be increasingly challenged and rendered obsolete. […]
Individuals will achieve greater autonomy and personal freedom as the capacity of states to tax and control diminishes.
Anche degli Individui Sovrani, ho avuto già occasione di discuterne più in dettaglio, qui:
La Post-Privacy
La teoria della post-privacy è un concetto emergente che esplora l'idea che la privacy, come la conosciamo tradizionalmente, stia diventando sempre più obsoleta a causa delle tecnologie digitali e della cultura della iper-condivisione nata insieme ai social network.
L’idea nasce da autori come David Brin, autore di "The Transparent Society", e Christian Heller, autore di "Post-Privacy". I sostenitori della Post Privacy affermano che la trasparenza totale e la condivisione aperta di ogni informazione e dato personale porterebbe a una società più onesta e giusta.
Alcuni estratti, tradotti, dal saggio di Heller:
L'approccio minimalista ai dati che un individuo può permettersi è limitato. Spesso ha solo la scelta di partecipare al cosmo sociale di internet – oppure no. Chi ha un account su servizi internet popolari come Amazon, Facebook o Google ha già dato loro la chiave del proprio intimo. Può astenersi dal diffondere consapevolmente immagini, opinioni o descrizioni di sé. Ma […] le macchine pensanti della rete sanno più su di noi di quanto sappiano noi stessi, i nostri genitori e i nostri amici messi insieme. […]
Ma quasi nessuno smette di usare Google o cancella il proprio profilo Facebook per questo. […] Non si vedono possibilità di difesa a lungo termine contro la moltiplicazione di occhi e orecchie intorno a noi.
Heller è sostanzialmente rassegnato a un mondo in cui la trasparenza totale è la condizione di default dello stato umano nel cyberspazio, e che non è possibile in alcun modo evitarlo.
A ben vedere, siamo proprio noi a volerlo! E come potremmo evitarlo, quando, come affermato dall’autore “ci saranno telecamere con trasmissione in tempo reale in ogni paio di occhiali”? Chissà se Heller immaginava che qualche anno dopo Meta avrebbe contribuito proprio a creare il primo paio d’occhiali da sole con telecamera integrata.
In effetti, la Post-Privacy più che una teoria è una constatazione della realtà attuale. Dopo quasi 20 anni di social network siamo probabilmente all’apice della cultura della condivisione e della sorveglianza. Tutti abbiamo ormai accettato di essere continuamente ripresi da centinaia di telecamere ogni volta che ci spostiamo in città, e di essere costantemente monitorati con il tracker che chiamiamo smartphone. È comunque possibile che le nuove generazioni possano drasticamente cambiare rotta, come spesso accade.
Non concordo con coloro che, nel contesto della Post-Privacy, sostengono che la trasparenza totale possa ridurre le asimmetrie di potere e promuovere responsabilità e onestà. Secondo i fautori di questa teoria, piuttosto che nascondere le proprie informazioni, le persone dovrebbero invece concentrarsi sul loro controllo e condivisione responsabile.
Inutile dire che la totale trasparenza è il fondamento dei sistemi di social scoring, e sappiamo bene che brutta slippery slope possa essere. L’idea di trasparenza assoluta potrebbe però forse funzionare all’interno di comunità chiuse (Crypto Anarchiche o Network States) in cui le persone sono protette dall’anonimato o dallo pseudoanonimato o in cui ci sono chiare regole condivise in grado di proteggere le persone da possibili abusi.
Il principio della Net Neutrality
Vale infine la pena citare il concetto di Net Neutrality (Neutralità della Rete), un principio fondamentale per il funzionamento aperto e libero di Internet. Questo principio sostiene che tutti i dati su Internet debbano essere trattati allo stesso modo, senza discriminazioni o preferenze basate su contenuto, applicazione, sito web, piattaforma, tipo di apparecchiatura utilizzata o modalità di comunicazione.
Secondo il principio di Net Neutrality, gli ISP (i fornitori di connettività) non dovrebbero bloccare, rallentare o dare priorità a nessun contenuto, applicazione, servizio o cliente. Un piccolo blog come Privacy Chronicles deve essere accessibile a chiunque, esattamente come una piattaforma globale di streaming online.
Secondo i sostenitori della Net Neutrality, questo è un principio fondamentale per garantire la libertà d’espressione e l’equa concorrenza tra persone e aziende nel cyberspazio. In occidente esistono leggi che stabiliscono il principio di Net Neutrality, anche se ci sono continuamente tentativi per modificarle o abolirle del tutto.
Secondo gli ISP e gli altri oppositori, la Net Neutrality sarebbe un principio troppo restrittivo, che impedisce agli operatori di gestire liberamente ed efficacemente le loro reti. Infatti, il principio di Net Neutrality non permetterebbe agli ISP di agevolare l’accesso ai siti web dei loro partner commerciali (o di rallentarlo ai competitor), così come non consente di imporre tariffe diverse in base alle tipologie di siti web che si intendono visitare.
Seppur in apparenza il principio di Net Neutrality sembri assolutamente di buon senso, un libertario potrebbe sostenere che non è giusto impedire a un ISP di gestire la sua proprietà (infrastruttura di rete e connettività) come meglio crede. Il dibattito è tutt’altro che chiuso.
Le dottrine citate, in particolar modo quelle fra gli anni 90 e 2000, vedevano il cyberspazio come uno spazio diverso e separato da quello fisico. In realtà per come è ora, digitale e fisico si sovrappongono e mescolano senza soluzione di continuità. E' un tutt'uno. Gli aspetti negativi del fisico si sono riproposti nel digitale (centralizzazione, controllo, censura) ....... Per dire che le utopie di quegli anni "hanno perso", almeno per ora. La sfida è trovare l'equilibrio in questa infosfera (floridi) , usare la tecnologia senza esserne sopraffatti, ritrovare il proprio sè, spiritualmente ed intellettualmente, Trovare nuove comunità di condivisione senza rinunciare alla propria libertà individuale.
Mi auguro che presto si arrivi a definire il cyber spazio come spazio pubblico e come tale soggetto a normative di “uso comune” e diritti a tutela dell’individuo come soggetto inviolabile.
In questo momento, il cyberspazio, è in una condizione simile alle colonie governate e gestite dalla privata Compagnia delle Indie … è ora di fare il salto!